Eptacaidecafobia e la scaramanzia in Italia

22. 1. 2025 ⋅ Lidia

Qualche giorno fa è stato “venerdì 17”. Un giorno come un altro? Per gli italiani, assolutamente no! 

Questo è il simbolo della sfortuna per eccellenza. Ma vi siete mai chiesti perché?

La maledizione del numero 17 ha radici antichissime. Già ai tempi di Pitagora, i suoi seguaci non vedevano di buon occhio questo numero, che spezza l’armonia tra il 16 e il 18, considerati perfetti. E poi c’è il diluvio universale, che secondo l’Antico Testamento iniziò proprio il 17… coincidenze? Noi non crediamo!

E i romani? Ci mettono il loro tocco drammatico: sulle tombe si trovava spesso inciso “VIXI” (“ho vissuto”, ergo… sono morto), che è anche un anagramma di XVII (17 in numeri romani). Insomma, povero numero, non ha mai avuto vita facile!

Ma perché proprio il venerdì porta sfortuna? Anche qui, la storia ci offre una possibile spiegazione: nel cristianesimo, il venerdì è il giorno della crocifissione e della passione di Gesù, un evento che ha contribuito a rendere questo giorno della settimana un simbolo di lutto e sofferenza. L’unione di questi due elementi, il numero 17 e il venerdì, ha dato vita a una superstizione tutta italiana: l’eptacaidecafobia, la paura irrazionale del venerdì 17. Una paura che si manifesta in modi diversi: c’è chi evita di viaggiare, chi non firma contratti importanti e chi si affida a riti scaramantici per scongiurare la malasorte.

Gli italiani siamo il popolo più superstizioso d’Europa, anche se difficilmente lo ammettiamo e in questo articolo parleremo delle superstizioni più diffuse in Italia, insomma tutte quelle convinzioni più o meno fondate che ci portano ad avere (o non avere) specifici comportamenti, o tenere con noi specifici oggetti (pietre, amuleti, cose varie) per portarci fortuna o, al contrario, per allontanare la sfortuna.

Passeggiando nei quartieri storici del Sud Italia, vi imbatterete in bancarelle piene di portafortuna: cornetti rossi, ferri di cavallo, quadrifogli e mani che fanno le “corna”. Sono oggetti piccoli, ma dal grande potere simbolico (e, diciamolo, anche belli da portare a casa come souvenir!).

Di superstizioni ce ne sono davvero tante, e tanti di noi ne hanno anche alcune personali: ad esempio ci sono persone che, ogni volta che devono fare una verifica a scuola o un esame all’università, indossano sempre lo stesso indumento, una maglietta, dei calzini o pantaloni, o un particolare accessorio, un braccialetto, un anello o una collanina.


Alcune superstizioni hanno una ben precisa ragione culturale, altre sembrano inspiegabili: mai appoggiare un cappello sul letto, mai aprire un ombrello in casa, mai passare sotto una scala!


Ah, e in Italia non si tocca il legno per scaramanzia: si tocca ferro! Inoltre, non temono il numero 13 ma piuttosto il 17.


Anche il cibo ha le sue regole. Far cadere il sale o l’olio è considerato un segno di sventura. Ma niente paura: se il sale cade, basta prenderne un pizzico e lanciarlo dietro le spalle per spezzare il maleficio. Queste credenze risalgono all’antica Roma, quando il sale era un bene prezioso, tanto da essere usato come forma di pagamento per i soldati: pensate, è proprio da qui che deriva il termine “salario”, ovvero “stipendio”!

Lo stesso con l’olio, quando cade è considerata una disgrazia perché si tratta di un prodotto di primaria importanza per cibarsi e quindi per sopravvivere, soprattutto in passato, in tempi di povertà, quindi sprecarlo sarebbe un vero dramma!

E poi c’è l’aglio, il nemico numero uno dei vampiri (e del raffreddore!). In alcune regioni del Sud Italia lo si appende ancora fuori casa per proteggersi dalle energie negative.

E a tavola durante un pranzo o una cena? Non bisogna mai essere in 13, perché a questa situazione si associa l’Ultima cena, dove siedono a tavola i dodici discepoli e Gesù, che poi muore. Meglio aggiungere un posto in più o… preparare piatti più abbondanti!


Insomma, per molti la scaramanzia italiana può sembrare strana o irrazionale, ma per altri è una parte importante della loro identità culturale. Le persone possono prendere decisioni basate sulla superstizione, come evitare di fare determinate azioni in certi giorni o cercare segni di buona o cattiva sorte prima di prendere decisioni importanti.

Per dirla con le parole del grande Eduardo De Filippo: “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male” .