Non si sa perché noi italiani gesticoliamo così tanto

14. 1. 2025 ⋅ Edoardo

Dopo la finale degli Europei di calcio vinta nel 2021 dall’Italia contro l’Inghilterra circolò un video che, per molte persone straniere, era una rappresentazione molto efficace del modo di comunicare italiano. 

Mostrava i calciatori della Nazionale nel corridoio che conduceva al campo, nell’intervallo, discutere usando una teatrale e insistente gestualità, ricorrendo in diverse occasioni al modo più italiano di muovere le mani. (link alla fine).

Sono molti i gesti che hanno un significato solo per le persone italiane, per le quali non ci sono dubbi: passare il dorso della mano sotto al mento significa «non me ne importa nulla»; fare una forbice con l’indice e col medio serve a suggerire all’interlocutore di smetterla; darsi una manata in fronte significa che ci si è dimenticati qualcosa; unire gli indici delle due mani serve a indicare il sospetto che due persone abbiano un qualche tipo di relazione amorosa, eccetera.

Secondo Isabella Poggi, docente di psicologia presso l’Università Roma Tre, gli italiani usano nelle loro conversazioni quotidiane circa 250 gesti, che sorprendentemente sono conosciuti dalla stragrande maggioranza degli abitanti della penisola, nonostante le differenze dialettali e culturali che distinguono le varie regioni.

Non è chiaro quando l’abitudine di gesticolare sia diventata così diffusa, differenziando la comunicazione italiana da quella del resto del mondo. Una delle ipotesi è che la gente che abitava in Italia abbia iniziato a dare dei significati molto precisi ad alcuni gesti tra il XIV e il XIX secolo, durante le varie occupazioni straniere da parte di Austria, Francia e Spagna. In quel contesto i gesti avrebbero risposto a una necessità molto pragmatica, cioè permettere alle persone di scambiarsi informazioni senza farsi capire dagli invasori.


In marzo Maria Graziano e Marianne Gullberg, docenti di linguistica all’università di Lund, in Svezia, hanno pubblicato una ricerca che ha analizzato il diverso modo di gesticolare che italiani e svedesi hanno quando devono raccontare una storia. Per farlo hanno fatto vedere a due gruppi divisi per nazionalità (uno italiano e uno svedese) una puntata di Pingu, una popolare serie animata svizzera degli anni Novanta. Successivamente è stato chiesto a ogni partecipante di raccontare ciò che aveva visto nella puntata a un amico, usando sia le parole sia i gesti.

«Abbiamo mostrato a entrambi i gruppi lo stesso materiale, e abbiamo scelto Pingu per via di una sua peculiarità: in questo cartone animato i personaggi non parlano, e quindi i partecipanti hanno avuto la possibilità di raccontare quello che avevano visto in maniera spontanea, anche perché non disponevano di dialoghi da citare», dice Graziano. Da un lato, la ricerca ha confermato uno stereotipo che fino a ora non era mai stato dimostrato empiricamente: «abbiamo confermato qualcosa che ipotizzavamo, cioè che gli italiani gesticolano di più, quasi il doppio degli svedesi, 22 gesti ogni cento parole i primi, 11 gesti ogni cento parole i secondi».

Tuttavia, precisa Graziano, l’aspetto interessante della ricerca è un altro: «abbiamo riscontrato delle differenze significative nel modo di usare questi gesti».  

In sintesi, mentre gli svedesi scelgono soprattutto gesti di tipo rappresentativo, che provano a descrivere le forme degli oggetti o le azioni compiute da un personaggio, gli italiani usano principalmente gesti che non provano a descrivere le azioni, ma che accompagnano semplicemente il flusso del discorso e rafforzano l’enfasi e l’emozione.

Per esempio, i due gruppi indicavano una scena del cartone animato (che mostrava la madre di Pingu mentre metteva una teglia di biscotti nel forno) in due modi abbastanza diversi. Gli svedesi scelgono il modo rappresentativo, e mimano l’azione di aprire il forno e infilare la teglia, mentre gli italiani usano gesti che non riproducono necessariamente le azioni descritte, ma danno ritmo e aiutano a coinvolgere l’ascoltatore nella presentazione dell’argomento.

Graziano sottolinea che, sebbene la gestualità italiana sia una peculiarità famosa in tutto il mondo, «oggi non conosciamo nessun popolo che non gesticoli: la gesticolazione è una caratteristica dell’essere umano e del parlato, in tutto il mondo».

Inoltre, continua Graziano, «diverse ricerche nell’ambito della psicolinguistica dimostrano che ci sono delle aree di cervello che vengono attivate contemporaneamente quando si gesticola e quando si parla. Quando si prova a esprimere un concetto, vengono attivate sia la modalità manuale che quella verbale. La gestualità è una caratteristica distintiva della facoltà del linguaggio, insomma. Come questo sia legato ai diversi usi e costumi dei diversi popoli, è difficile da dire».


Italian Players talking with their hands

 

Tratto da ilPost.it